mercoledì 24 settembre 2008

L'altra Varese ai Mondiali di Ciclismo

Una città al lavoro da diversi anni per farsi trovare all'evento in piena forma. Una provincia in fermento per offrire il proprio contributo e al tempo stesso conquistare una fetta, anche piccola, di visibilità. Meglio ancira, se accompagnata da qualche contributo concreto. Una marcia di avvicinamento segnata da timori e attesa sempre più spasmodica fino al grande giorno dell'apertura ufficiale.

Tutto questo è stata Varese negli ultimi tempi a causa dei preparativi per i Campionati Mondiali di ciclismo su strada tornati della Città Giardino a distanza di 57 anni.

Finalmente il grande momento è arrivato. Ma, come spesso capita in queste occasioni, gli intoppi sono all'ordine del giorno. Che Varese sia una provincia tra le più appassionate di ciclismo su strada in Italia ma non solo è un fatto noto da tempo. Ma quanto successo lunedì sera nei pressi dell'inedito Cycle Stadium (l'Ippodromo cittadino) è andato oltre. Per buona parte degli interventi è stato praticamente impossibile accedere alle tribune, causa afflusso al di sopra di ogni aspettativa, complice la buona volontà dell'organizzazione di offrire per l'occasione l'accesso gratuito. Risultato: mentre all'interno si susseguiva il programma, all'esterno spettatori, operatori e perfino giornalisti cercavano disorientati di districarsi tra la folla e il personale addetto alla sicurezza.

Scenario completamente ribaltato nei primi giorni di gara. In una città dalle scuole chiuse per una settimana e con buona parte dei residenti in ferie più o meno volontarie, per le vie cittadine regna una calma surreale, da pieno agosto con il clima di fine ottobre.

Capita così che tra disinformazione dei (dis)information point e ritardi dei treni ci si trovi a dover coprire a piedi (neppure in bicicletta) la distanza tra la stazione e la sala stampa (circa 3 km), senza riscire a scoprire se la presenza di una navetta sia o meno frutto della fantasia o di qualche illusione.

Ma il buon cronista fa tesoro anche delle avversità e così la scarpinata fuori programma si trasfomra nell'occasione buona per tastare il polso all'altra Varese, quella che vive al di fuori del ciclismo e si trova suo malgrado a dover fare da cornice alle gare.

Mentre le leggende metropolitane narrano come buona parte dei cittadini sia impegnata a ridipingere l'appartamento causando un'impennata improvvisa nel prezzo della tinta, i commercianti, nel pieno rispetto del clima di austerità combinato al leggendario pragmatismo lombardo, hanno assecondato il clima mondiale riempiendo le proprie vetrine di velocipedi spesso recuperati in qualche cantina. Chi non ha potuto approfittare del rivenditore di zona per ospitare l'ultimo modello in carbonio con relativa pubblicità si è così arrangiato con qualsiasi veicolo, purchè a due ruote e munito di pedali che è risultato buono per dichiararsi in clima Mondiali.

Di fronte alle vetrine, strade pressochè deserte, tante chiuse al traffico anche lontano dalle gare e pochi spettatori per questa curiosa rassegna di storia della bicicletta dal sapore casereccio.

Chi non ha resistito alla tentazione/necessità di una vacanza fuori stagione, si ritrova così insieme agli appassioanti delle due ruote al Cycle Stadium, tempio delle gare. Qua sì che finalmente è possibile respirare l'aria del mondiale. Atleti e pubblico offorno uno spettacolo unico nel suo genere. Appassionati, addetti ai lavori, volontari, ciclisti che non rinunciano alla bicicletta e alle relative scarpe con tacchette neppure per salire sulle tribune, giornalisti navigati, cronisti spaesati alle prime armi e semplici curiosi formano un miscuglio di umanità tutto da scoprire.

Guardandosi intorno, ci si accorge presto che le bandiere regionali sono più di quelle nazionali. Curioso come vessilli dei Paesi Baschi o Fiamminghi si affiancano i più nostrani stendardi Padani senza provocare l'usuale ondata scomposta di dichiarazioni scandalizzate ogni volta che il Sole delle Alpi compare alla vista di soggetti particolarmente irascibili.

Evidente anche il contrasto creato da tribune e viali dell'ippodromo affollati anche in un giorno di gara tra i meno gettonati. Sembra quasi che all'interno del Cycle Stadium una forza misteriosa attragga oltre ai tifosi giunti appositamente sul posto i pochi reduci varesini che non hanno osato abbandonare la postazione nel momento della tempesta. Per loro, la consolazione che un altro giorno è passato e domenica sera non è poi così lontana.

A proposito, in mezzo a tutto questo, la statunitense Amber Neben si è aggiudicata il titolo della cronometro femminile. Complimenti a lei e tutti quelli, giornalisti a parte, che la conoscevano prima che tagliasse il traguardo e comparisse sui maxi-schermi con la relativa scritta.


Geppe




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