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venerdì 7 settembre 2012

Buona educazione e civiltà valgono più dei limiti

Questo non vuole essere un intervento politico, anzi, ma a volte mi chiedo, o ci chiediamo, se alcune delle campagne o petizioni italiane (leggi la campagna della FIAB contro l'obbligo del casco in bicicletta, tanto per citarne una) hanno alla base un'attività a sfondo politico o comunque un modo di alcune associazioni/federazioni di doversi per forza di cosa mettersi in mostra andando a toccare i temi che sono più in voga.

In questo caso parliamo del noto "decreto salvaciclisti" e di una comunicazione ricevuta in questi giorni e che vi riportiamo alla fine di questo intervento.
Voi cosa ne pensate? 

Ecco cosa ne penso io. Credo che l'abbassamento dei limiti di velocità a 30 km/h all'interno dei centri urbani (come fatto dalla Città di Saronno) possa anche essere inutile se, come spesso accade, si "centra" un pedone o un ciclista. Si può evitare la morte, ma di sicuro non l'infortunio che a volte può essere anche permanente, perchè tutto dipende anche da come si cade a terra a seguito dell'urto!

Non sarebbe piu utile promuovere l'uso del casco in bicicletta o realizzare nuove piste ciclabili all'interno dei centri abitati o "convertire" quei marciapiedi che si prestano a diventare tali?

Non sarebbe piu utile aumentare i dossi artificiali come già hanno fatto molti paesi/città della zona?

Non sarebbe più utile lanciare dei messaggi volti al rispetto civico e all'educazione degli automobilisti e degli stessi pedoni/ciclisti?

Perchè, va anche ricordato che, spesso anche molti ciclisti o pedoni non rispettano il codice della strada andando a "cercarsi", anche involontariamente, l'incidente (vedi "ciclista" investito e deceduto sulla strada per Olgiate Olona mentre di notte, tornava a casa dal lavoro senza luci nè catarifrangenti o gilet di segnalazione come prevede il codice della strada)


Negli altri Paesi europei dove la mobilità sostenibile è un dato di fatto, il cittadino medio rispetta le regole, le leggi e magari si adegua ad esse, anche quando  queste "deturpano" lo stile della propria bicicletta o del proprio look ciclistico.
In Italia questo non esiste e nella nostra provincia, una volta molto più conscia e ricca di senso civico e di rispetto per il prossimo, con il passare degli anni sembra che non sia più "alla moda".

Io non ci sto, NOI non ci stiamo...non ci accontentiamo di una "città a 30 km/h" ma vogliamo una città più ricca di valori, di educazione e di civiltà, perchè gli incivili e i maleducati fanno male anche a piedi o in bicicletta!!!

Marco Angeletti
Presidente ASD Emissioni Zero



Questo il testo del comunicato:

Legambiente Varese e Fiab-Ciclocittà aderiscono alla petizione lanciata dal movimento "Salvaiciclisti" e indirizzata al Parlamento per ridurre a 30 km/h il limite massimo di velocità nelle aree residenziali di tutte le città italiane.

"Uno degli aspetti fondamentali per la sicurezza stradale è abbassare la velocità dei veicoli più pericolosi - si legge nel testo della petizione, che si può sostenere sul sito www.salvaiciclisti.it -. Chiediamo che per legge sia inserito il limite dei 30 all'ora nelle aree residenziali, ad eccezione delle arterie a scorrimento veloce."

I 2.556 ciclisti e i 7.625 pedoni uccisi sulle strade italiane dimostrano, secondo i promotori, la necessità di un intervento legislativo, diffuso in altri paesi europei, che contrasti l'incidentalità sulle strade e permetta una maggiore vivibilità del'ambiente urbano.


"La progettazione di una città a 30 all'ora - dichiarano Legambiente Varese e Fiab-Ciclocittà - deve essere un pilastro della grande sfida per il governo della mobilità anche a Varese e nelle altre città della provincia, sull'esempio di Saronno. Invitiamo tutti i cittadini a sostenere la petizione".

venerdì 9 luglio 2010

Il buonsenso nel mondo alla rovescia

La notizia, letta su un forum, appariva talmente assurda da apparire uno scherzo. Eppure è bastata qualche verifica per capire che in realtà tutto era vero. Purtroppo però, uno scherzo non particolarmente divertente. Eppure, sul sito Web della FIAB (Federazione Italia – presunti verrebbe voglia di aggiungere – Amici della Bicicletta), nella home page emblema della confusione che deve regnare da quelle parti, troneggia in bella evidenzia ormai da qualche giorno la scritta a caratteri cubitali: “Casco obbligatorio - Ritorna il buon senso grazie alla FIAB. Cancellato alla Camera l'emendamento del Senato”.

Per comprendere a fondo la questione, è necessario un passo indietro. Qualche settimana prima, in fase di aggiornamento del Codice della Strada, in Parlamento era arrivata la proposta di casco obbligatorio per i minori di 14 anni in bicicletta. Una di quelle norme che in un Paese ideale non dovrebbe neppure esistere, in quanto dettata prima di tutto dal buon senso, magari con l’aiuto dei genitori. In ogni caso, finalmente un contributo delle istituzioni, ciò a cui in fondo dovrebbero anche servire, nell’educare i giovani a prendere coscienza della realtà.

Quella realtà, in Italia, sono strade dove i ciclisti vengono sempre più spesso giudicati un intralcio da macchine sempre più grosse e sempre più veloci, la cui ultima preoccupazione alla vista di due ruote è quella di rallentare o mostrare la minima considerazione del concetto di distanza di sicurezza.

Eppure, non solo la FIAB ha scatenato una vera e propria guerra personale, ma ne ha fatto un motivo di orgoglio. E, siccome al peggio non c’è mai limite, passi decisi verso un vero e proprio delirio si compiono leggendo le motivazioni di tanta avversione. A lasciare a bocca aperta è prima di tutto l’affermazione: “Quella dell’utilizzo obbligatorio del casco è una misura che, laddove adottata e al di là delle motivazioni dichiarate, ha dimostrato effetti controproducenti sulla pratica della bici, trasformandosi in un deterrente che ha ridotto il numero dei ciclisti in circolazione”.

Qualcuno però, ha pensato che si potesse andare addirittura oltre. E infatti poche righe dopo, si rincara la dose con un’altra chicca: “Si aggiunga che la protezione garantita al ciclista dall'uso del casco in caso di investimenti ad alta velocità è sostanzialmente ininfluente e crea anzi una falsa percezione di sicurezza che non corrisponde all’effettiva protezione, dato che i caschi sono omologati per reggere solo a cadute minori”. Viene da chiedersi come mai i ciclisti professionisti, e la quasi totalità degli amatori abituati a velocità ben superiori ai 25 Km/h, si guardi bene dal fare a meno del casco.

Dopo queste frasi, difficile trovare le parole per spingersi oltre quanto già appare ben evidente. Augurandosi magari di trovare persone dotate di maggiore buon senso, come il Comandante della Polizia Locale di un Paese della Valle Olona che, dall’alto della propria esperienza e diplomazia, si è limitato a definire la battaglia “diseducativa”.

Mentre probabilmente l’Associazione ha ottenuto la pubblicità ricercata prima di ogni altra cosa e offerto dimostrazione di forza distruttiva, viene ora da chiedersi quando l’ACI seguirà l’esempio per scatenare un’analoga battaglia sull’utilizzo delle cinture di sicurezza. Magari affermando che in caso di incendio, sono pericolose.


Geppe